Qui raccolte vi sono le gite che occasionalmente organizziamo per raccogliere minerali locali con i quali poter creare nuovi gioielli o progettare nuovi design.
Molte delle località che visitiamo erano giacimenti, cave o luoghi di estrazione ormai abbandonati,e di libero accesso.
In caso si tratti di parchi organizziamo tempestivamente la gita in modo da avere il permesso o la guida locale.
Molti di questi posti sono infatti gli stessi luoghi estrattivi nei quali gli artigiani che lavoravano alla corte della famiglia Medici (o di altre importanti casate) estraevano i minerali per eseguire le loro opere.
I minerali così conseguiti, oltre ad essere di una straordinaria valenza storica, ad essere materie prime locali, sono anche eticamente sostenibili ed estratti in maniera non invasiva, al fine di preservare l’ambiente.
La Rodonite
La rodonite è un minerale di colore rosa di origine idrotermale o metamorfica,
grazie al metamorfismo dei carbonati di manganese.
Si trova spesso nei giacimenti di manganese, attivi e non (e questo è il nostro caso).
Questo nostro, proveniente dalla Lunigiana, si perviene infatti dopo una camminata di circa due ore nei boschi, fino ad arrivare nell’ ex giacimento, dove si vede ancora la “funicolare” e gli edifici di raccolta del minerale, oltre che i vari punti di scavo un po’ dislocati nel bosco.




Il Calcedonio
II calcedonio è il nome generico che viene dato al quarzo quando si presenta in masse compatte aggregate grazie alla silice microcristallina.
Generalmente lo si trova in forme di croste, aggregati tondeggianti o modulari.
Anche i colori possono essere molto differenti, a seconda delle inclusioni nel reticolo cristallino.
Della “famiglia” del calcedonio i più conosciuti sono: il calcedonio comune, il diaspro, l’agata, l’onice, la corniola, il crisoprasio, l’eliotropio…
Questo toscano è conosciuto anche come Calcedonio di Volterra, o “Monterufoli”, perché indica la zona del giacimento di provenienza.
Era uno dei minerali maggiormente utilizzati per le opere in Commesso Fiorentino per la famiglia Medici di Firenze, che si possono vedere al “Museo dell’Opificio delle Pietre Dure”.



L' "Opale Toscano"
Varietà conosciuta nell’ambiente degli appassionati di mineralogia col nome di “Opale Toscano”. Questo poiché mai è stata eseguita (secondo quanto ci è stato concesso di sapere) una vera e propria analisi dei campioni, ma è verosimile che sia un agglomerato opalino con varie inclusioni di silice al suo interno.
Trovato nell’area di Gambassi Terme, è interessante come lo si trovi esclusivamente (almeno fin ora) in una ristretta area di bosco.
Molto particolare e affascinante una volta lucidato, presenta però alcuni difetti, uno su tutti la grande fragilità. Va per questo selezionato bene il pezzo prima di essere lavorato.




Il Diaspro
“Cave abbandonate che fornirono alla Cappella de’Principi di Firenze il diaspro sanguigno e agatato sparso di vene e di macchie di quarzo candido, con cavità e geodi ripiene di terra argillosa rossigna. Una metamorfosi geologica, un fenomeno importantissimo, che può dirsi tuttora un mistero della natura, come si è questo del visibile passaggio di una roccia di natura argillo calcarea compatta a quello di una massa quarzosa e cristalliana [..]”
Così inizia il cap.9 del “Dizionario Geografico, Fisico
e Storico della Toscana” di E.Repetti, descrivendo la zona di Barga.
Il Diaspro di Barga infatti e’ stato utilizzato per decorare le Cappelle Gentilizie Medicee della Basilica di San Lorenzo a Firenze.
Fu Cosimo I de’ Medici a scegliere questo materiale per voler realizzare la struttura che sarebbe servita a perpetuare la memoria della dinastia dei Medici.
Una volta estratti, i blocchi di diaspro venivano trasportati fino al fiume Serchio, l’antica via fluviale. Da qui a bordo di foderi (zattere fatte con tronchi di legno) raggiungevano l’Arsenale Marittimo di Pisa dove venivano semi-lavorati con l’impiego di schiavi turchi. Successivamente i navicellai si occupavano di risalire l’Arno con il loro prezioso carico fino al Porto Maggiore di Signa e da qui, via terra, il diaspro raggiungeva l’Opificio delle Pietre Dure a Firenze per la lavorazione finale.


